“Voglio tutto subito oppure ci rinuncio. Quello che vuoi lo vuoi adesso? Allora lascia perdere, perché adesso non ce l’ho.”
Coccole da reality show. Obbligate, spiate, consapevolmente trasmesse e registrate. Baciare o combaciare? Coccole imposte, comandate o telecomandate. Coccole richieste con ricatti sottili. Ne fai a me e io ne faccio a te. Baciare, sì, ma combaciare? Quando e come combaciare?
Ti servono adesso e io adesso non le ho. Le vorrei, ma non posso costringerti. Le coccole non possono essere imposte, non sono imponibili come un capitale qualsiasi. Non combaciamo, tesoro, nei tempi più che nello spazio. Lo spazio, quello l’abbiamo saputo piegare al nostro volere. Siamo insieme per questo. Eppure il tempo non lo dominiamo e quando tu sei orizzontale io sono verticale, quando la luce ti cade addosso dall’alto, a me arriva dal pavimento e mette in mostra le cose che normalmente nascondo, che non voglio vedere.Non combaciamo nel senso, nei sensi. Volevi intendere qualcosa con quel gesto? Bene, ho capito qualcos’altro. Volevi sentirmi sulla pelle? Io invece avevo voglia di ascoltare la tua voce. Volevi vedermi? Io volevo sentire il tuo odore, tenermelo addosso anche molte ore dopo che te n’eri andata.
Volevo baciarti, sentire il gusto della tua bocca, respirare il tuo alito. Tu invece volevi parlare, ascoltare della musica, guardare un film. Quando si riesce a combaciare nello spazio, si sbagliano i tempi. Eppure l’attimo magico esiste. Quello in cui tutti i cinque sensi, i tuoi più i miei che fanno dieci, si uniscono e aderiscono come i nostri corpi che finalmente hanno trovato il tempo.
Il sesto senso è fuori dal tempo e non ci riguarda. Dobbiamo lasciarlo fuori anche dalle coccole, altrimenti si guarda con gli occhi della mente, si annusa col naso del cervello e si tocca con tutto ciò che si è usato per toccare fin da quando si era usciti da là, dall’altro corpo, quello in cui si è stati ospiti per un po’. Lasciamolo perdere, il sesto senso: è materia da spirito.
L’attimo magico esiste, ma è un attimo, e quando cerchiamo di ripeterlo appare stanco. Quando cerchiamo di renderlo più vivo, un po’ si spegne. Va colto quando c’è, e va riconosciuto. È straordinario che tra noi ci siano state coccole così meravigliose e spontanee e così a lungo e negli stessi tempi e rispondendo alle stesse esigenze e speranze.
È stato magnifico. Ma non è ricreabile con un ordine che arriva dall’alto. Non lo si può obbligare. Prendere o lasciare. Si combaciava. È stato bello combaciare. Ora ci si potrebbe anche tollerare.
Aliki nasce a Teheran, da padre greco e madre russa, studia a New York, Londra e Sheffield e si trasferisce a Parigi. Da un po’ vive a Verona, ma è appena tornata da una sua mostra a Rotterdam. Che qualcuno provi a individuare con precisione le singole mescolanze che attraversano lei e la sua creatività! Un mercato iraniano di spezie in Central Park è un brivido irrealizzabile di questi tempi, eppure è ciò che più le si avvicina. Scardinata da un luogo alla ricerca di coccole o abbracciata indissolubilmente al mondo intero?
Ci parla di coccole come di un bene concreto e genuino, qualcosa che puoi prendere o lasciare, ma non imporre come una mano appoggiata su qualcuno “per sbaglio” in autobus, la proverbiale “mano morta” che finge casualità per divenire aperta intenzione se solo le viene offerto uno spiraglio di accettazione. Con le sue installazioni a LED ci parla di consapevolezza e tolleranza. È l’amore che vogliamo, non costringiamolo ad essere qualcosa d’indifferente, stanco, ripetitivo, obbligatorio o esibizionistico. Non costringiamolo nelle forme in cui pensavamo di desiderarlo. È a qualcun altro che lo stiamo chiedendo. È a qualcun altro che lo stiamo offrendo. Non a noi stessi.
Marco Ongaro – scrittore